Un caffè con Lilly e Alvu….. (1)

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Due Paesi diversi ma su molti versanti simili, un ponte interattivo tra Portogallo e Italia: Lilly’s Lifestyle (www.lillyslifestyle.com) e Alvufashionstyle (www.alvufashionstyle.com) si incontreranno ogni mese in un caffè virtuale per conversare sulle socio-dinamiche della moda. Questo spazio virtuale sarà disponibile mensilmente su entrambi i blog e si potrà partecipare commentando negli spazi sottostanti.

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 Durante questa prima chiacchierata virtuale si parla di: “immagini o testo”: le foto o selfies delle creazioni indossate da un fashion blogger possono davvero condizionare e aumentare le vendite?

Lilly’s Lifestyle: Ciao Alvuela.

Alvufashionstyle: Ciao Liliana.

L: Finalmente cominciamo la nostra avventura virtuale.

A: Sì, sono entusiasta e credo che sarà interessante per chi vorrà seguirci in questa nuova esperienza interattiva.

L: Oramai i nostri lettori ci conoscono attraverso i nostri blog, quindi salteremo le presentazioni. Credo sia meglio spiegar loro direttamente di questa nostra nuova rubrica, “Un cafffè con Lilly e Alvu…”. Io e Alvuela chiacchierando – virtualmente a causa dei chilometri che ci separano – di moda, lifestyle, sfilate e nuovi designers, abbiamo pensato che tali conversazioni potessero essere condivise con i nostri lettori e chissà potrebbero anche far nascere interessanti dibattiti con loro.

A: Questo spazio è stato pensato come un “caffè interattivo” in cui si possa dialogare di diversi argomenti. Una Fashion Melting pot in cui le diverse esperienze culturali si influenzano, creando un ponte tra l’Italia e il Portogallo e viceversa. Per iniziare, sarebbe interessante dibattere sull’argomento “immagini o testo”: le foto o selfies delle creazioni indossate da un fashion blogger possono davvero condizionare e aumentare le vendite? Non siamo forse diventati bulimici di immagini o possiamo ancora prediligere le recensioni e interpretazioni del Fashion Editor o degli affermati giornalisti di moda?

L: Hai esattamente colto nel segno. Oramai siamo bombardati da migliaia di fashion blogs, o aspiranti tali, che, stracolmi di autoscatti di bloggers vestiti a tutto punto di una lista papirica di marche, cercano di accaparrarsi più seguitori possibili. Ma di quante di queste marche ci ricorderemo domani? Esisterà una metodologia di memorizzazione della marca ed un eventuale modalità di fidelizzazione del cliente attraverso il blog?

A: Credo che l’immagine esprima un linguaggio universale, con Instagram è possibile caricare tempestivamente foto e video di se stessi o dettagli di alcune creazioni. Il problema è che sono talmente immediate che vengono sostituite da altre. In questo modo la nostra memoria non ha la possibilità di elaborarle e fissarle. Tantomeno, non suscita desiderio… Quali e quanti sono gli outfits che effettivamente ricordiamo?

L: Sì, è questo il problema attuale delle immagini fast food, o fast-view come le chiamo io, tutto è istantaneo e nulla perdura. Ci sono ovviamente dei bloggers che oramai sono delle referenze note ma in questo caso si passa poi ad un secondo problema: sarà veramente necessario utilizzare un blogger per poter vendere delle marche di lusso o comunque marche che non sono di facile accesso alle masse di seguitori? Non si creeranno solo dei falsi ed irraggiungibili desideri? Non si creerà solamente una frustrazione di massa?

A: Hai ragione Lilly, è inevitabile un effetto boomerang. Il mercato del lusso ha sempre mirato all’esclusività ma non intesa come raggiungimento del possesso, un lusso vip esclusivo, ma relativo ad una pregiata lavorazione artigianale, realizzata con determinati standard qualitativi, con l’uso di materie prime selezionate. Se l’acquirente non ha conoscenza di ciò, perché dovrebbe acquistare un prodotto di lusso? Io credo che sia indispensabile valorizzare il lavoro del designer e la filosofia del marchio.

L: Si esatto, ma come poterlo fare attraverso un blog? Come ritornare a ri-definire il fashion blog come un blog che parla di moda in senso lato e non esclusivamente un portfolio di autocelebrazioni? In questo caso quanto spazio bisogna dare all’interpretazione del blogger e quanto alla voce del marchio? Io credo che il blogger possa rappresentare perfettamente una parte dei potenziali clienti, e quindi è necessario che abbia voce in capitolo e possa aver la libertà di scrivere e criticare, in maniera costruttiva, il capo e/o la collezione. Dal canto loro le marche dovrebbero dar più valore alla figura blogger che non è esclusivamente un fotomodello da catalogo online e dovrebbero remunerare il lavoro e il tempo che il blogger dedica all’azienda. Entrambe siamo state ripetutamente contattate da aziende che volevano che scrivessimo gratis per loro, inviandoci anche la “pappina già pronta”.

A: Esattamente. Purtroppo da quello che ho riscontrato è un “serpente che si morde la coda” in quanto: il marchio si rivolge al proprio ufficio stampa, mentre, i luxury stores direttamente alle bloggers influencers. Sono due settori ben distinti. Il primo mira alla comunicazione, l’altro all’e-commerce e quindi alla vendita diretta. Due strategie di marketing completamente diverse. Dalla mia breve esperienza di blogger (quasi nove mesi), ho potuto riscontrare che il brand non è molto d’accordo con i luxury stores, o meglio, non desiderano che i loro capi esclusivi vengano associati a marchi commerciali. Hai notato anche tu Lilly questa differenza strategica?

L: Completamente! E la cosa più sconcertante è che non vi è quasi la minima comunicazione tra loro e nessuna strategia di marketing comune che possa valorizzare il marchio e le vendite. Il problema è che spesso questo accade anche per i giovani ed inesperti designers, che vivono ancora nel mondo dorato dell’illusione e che vengono completamente divorati dai luxury stores. Gli ignari e colmi di passione recuperano appena i costi sostenuti della loro collezione (solo se il capo è venduto) e i negozi fissano il prezzo di vendita, quasi sempre, del doppio +IVA. Ovviamente il prezzo diventa esorbitante e quasi inaccessibile, se aggiungiamo poi il fattore “giovani”, sinonimo di “sconosciuti”, come si potrà mai convincere un cliente a comprare e quindi a credere in questo giovane potenziale?

A: Cara Lilly, io credo che sia arrivata l’ora di fare una distinzione tra Fashion Bloggers, che decidono di indossare i capi e Fashion Editors che invece contemplano, interpretano, coniugando Arte e Alta Moda. Perché è l’Arte a creare altra Arte ed è appunto un connubio imprescindibile. Esistono degli esempi di bellezza, icone di stile che hanno “fatto moda”. Le tendenze si possono anticipare ma il passato ritorna sempre. Inoltre, credo che gli uffici stampa possano collaborare commercialmente con i fashion bloggers ed editors, in quanto la democratizzazione del fashion system, ha ribaltato il mondo della comunicazione che non è più appannaggio di una élite giornalistica ma è anche a portata di blog.

L: Un po’ mi rattrista dover ridurre il concetto di Fashion Blogger a mero manichino ma, hai ragione, bisogna pur distinguere i contenuti. Resta comunque che un Fashion Editor ami e voglia indossare un capo ed ha il diritto di poterlo comunque sfoggiare in foto o in un post, ovviamente dando un risalto maggiore alla filosofia della marca o alla contestualizzazione oggetto/pensiero. Ricollegandomi alle tue parole sul “ritorno” della moda credo, e tu più di me lo potrai confermare, che nell’ultima Fashion Week spiccava la quasi inesistente innovazione o originalità dei modelli e/o tessuti. Io comunque ho visto le sfilate seduta in sofà, magari tu porai delucidare meglio questa mia sensazione visto che hai presenziato alla settimana della moda milanese.

A: Si, esattamente. Credo che questo possa essere il prossimo tema da trattare all’interno della nostra rubrica. Ovviamente è un dibattito aperto a chiunque voglia partecipare alle nostre conversazioni “fashion internaute”. Questo è un invito diretto, sia per gli addetti ai lavori: giornalisti, redattori, imprenditori del settore moda che per le stesse colleghe Editors e Fashion Bloggers. Vi aspettiamo!! A Lilly i saluti finali!

L: Che onore, grazie per il passaggio della staffetta. Credo che oramai abbiamo perso qualche lettore, durante la nostra lunga chiacchierata ma abbiamo dispensato diversi spunti che potranno, spero, dar il “LA” a molti interessanti dibattiti. La pietra l’abbiamo lanciata, ora dobbiamo solo attendere che le onde si propaghino.

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